Aprile 23, 2025

la foto raffigurante la spiaggia Inis Mór

Verso le isole Aran- Inis Mór (Inishmore)

A 40 minuti di navigazione della baia di Galway, al largo della costa atlantica dell’Irlanda, ci sono tre isole: Inis Mór (dal gaelico “grande isola”), Inis Meáin e Inis Oírr (la più piccola). Per raggiungerle i traghetti Aran Island Ferries partono dal porto di Rossaveel situato a poco più di 40 chilometri dal centro di Galway. La distanza tra questo imbarco   e la capitale della contea è di una quarantina di chilometri coperti da un servizio di bus navetta che partono da Queen Street.  

 

Kilronan Village                                                                                                                                                                       Kilronan Village (Cill Rónáin) è il principale porto e villaggio di Inis Mór, l’isola più grande. Qui tuttora ci vivono circa 82o abitanti (dati del  2022) custodi della cultura e lingua gaelica utilizzata insieme all’inglese. Gli abitanti di questa isola aspra, nei millenni sono sempre sopravvissuti grazie alla coltivazione di patate, alla pastorizia e alla pesca nell’Oceano. Il regista Robert J. Flaherty nel 1934 girò un documentario, allora molto famoso, sull’esistenza quotidiana di un pescatore di squali elefante di Aran. Il cortometraggio metteva in risalto le difficoltà di una famiglia che viveva coltivando patate in un terreno scarso e roccioso mentre in altre sequenze mostrava pescatori in preda ad una tempesta. Queste isole erano costituite da calcare carbonifero e originariamente non c’era terriccio naturale. Furono i primi coloni ad arricchire il terreno con alghe e sabbia dalla riva. Per proteggere il suolo edificarono muri a secco. Le pietre per queste barriere ancora adesso sono reperite dal campo stesso. Il fondo, infatti, deve essere ripulito dalle pietre al fine di essere coltivato. Poiché non vi è alcun modo semplice per sbarazzarsi delle rocce gli agricoltori utilizzano il materiale a portata di mano per creare i loro appezzamenti irregolari.  Qui i muretti si perdono a vista d’occhio e si nota che sono malfermi. L’instabilità delle pareti è funzionale perché le rende valide barriere contro animali che vengono allevati nella zona. Gli animali hanno imparato dall’esperienza che le pietre cedono piuttosto facilmente e occorre tenersi lontano da questi tramezzi.

la foto raffigurante La piscina naturale di WormholeLa piscina naturale di Wormhole

E’ soprattutto in estate che centinaia di turisti partiti col traghetto da Rosseveel mettono piede sul molo del porto di Kilronan Village e Inis Mór (12 Km per 3) si risveglia dal suo secolare silenzio. A piedi, oppure noleggiando una bicicletta o un carro, esplorano i paesaggi severi dell’isola, gli antichi forti e la cultura locale. Occorre dire che i resti storici rimasti, trattandosi di costruzioni remote dell’epoca precristiana e celtica, spesso sono ridotti a ruderi.     Per la sua formazione l’isola presenta diverse caratteristiche geologiche e alcune delle scogliere più spettacolari d’Europa. Vagando per Inis Mór si arriva alla zona di Wormhole. la foto raffigurante antica chiesa a Inis MórQui c’è una stranezza che è difficile da spiegare. Tra le rocce, ad una decina di metri dal mare c’è una piscina naturale di forma perfettamente rettangolare che è collegata al mare. Proseguendo sulla stradina che costeggia l’oceano noto da lontano un mucchio di persone intente a scrutare l’orizzonte sotto una pioggerellina fine.  Consulto la mappa e mi rendo conto  che siamo a Seal Colony Viewpoint  e, come dice il nome,  è qui che si dovrebbe vedere una colonia di foche (circa una quindicina, si dice). Per quel che mi riguarda sarà la marea sfavorevole, o il fatto che si rimette a piovere, ma non se ne vede neanche l’ombra.

 

Forte Dún Aengus e le Sette chiese

Procedo  per un sentiero tortuoso contornato da cespugli, e molto più avanti  vicino ad una scogliera a picco sul mare c’è quello che resta del forte Dún Aengus, uno spettacolare forte di pietra ad anello situato sul punto più alto delle scogliere. È considerato uno dei siti preistorici più importanti dell’Europa occidentale.  Costruito durante l’Età del Bronzo e databile da ben prima del I millennio a.C. si suppone avesse una funzione religiosa.  Continuando a camminare per  Inis Mór si arriva nella località Le sette chiese (Na Seacht Teampaill). Pare che qui originariamente ci fossero 7 chiese, attualmente si possono veder  i ruderi di due templi sacri del 1200 e alcuni resti di edifici che servivano ad ospitare i pellegrini. 

 

 

   Come identificare i famigliari  annegati

Nei millenni gli abitanti di questa isola aspra e rocciosa, separati tra terra e mare da una sessantina di chilometri dall’insediamento urbano più vicino, sono vissuti essenzialmente di pesca, coltivazione di patate e allevamento di pecore. Non stupisce, quindi, che siano diventati dei maestri nell’uso della lana.  I maglioni Aran sono originari, infatti, delle isole omonime. Gli intricati motivi non venivano scritti, ma venivano tramandati di generazione in generazione, differendo da famiglia a famiglia, con punti ispirati alle corde e agli attrezzi da pesca trovati sulla spiaggia. Lo scopo di questi intrecci diversi, che distingueva ogni famiglia, non era solo di carattere decorativo ma quando un pescatore annegava in mare, l’unico modo per identificarlo poteva essere il suo maglione. Un indumento caldo e protettivo come la mano del famigliare che l’aveva fatto, portava con sé, fin dal primo momento un significato sinistro.La foto raffigurante muretti che dividono appezzamenti irregolari a Inis Mór

Maglioni Aran

Oggigiorno, per produrre questi maglioni, si utilizzano filati più morbidi rispetto alla lana di pecora non lavata che era caratteristica del passato. Ormai la maggior parte dei maglioni “Aran” sul mercato spesso non sono né realizzati nelle Isole Aran né lavorati a mano. Fabbricati comunque in Irlanda, sono continuatori della stessa eredità romantica delle isole in cui sono apparsi per la prima volta. La denominazione “Aran” non è protetta dal nome, ma si riferisce invece a uno stile di maglione che evoca fortemente il senso del luogo delle isole stesse. È per questo che questa marca ha ancora un certo fascino e i negozi della contea di Galway fanno bella mostra di questo prestigioso prodotto.

Lotta per la sopravvivenza 

Mentre faccio ritorno verso il porto penso a coloro che sono vissuti qui nei secoli e nei millenni. Per sopravvivere devono aver interiorizzato che l’unico modo era di sottomettersi alla natura circostante. Le poche cose che potevano fare era adattarsi con un po’ di alghe e sabbia raccolta dal mare per rendere la superficie coltivabile, consapevoli che il domani fosse un altro oggi. Un destino già scritto, seguendo la sceneggiatura già insegnata dai padri per non ritrovarsi ad essere corpi riconosciuti da un maglione. In questo limitato territorio di 30 km quadrati, gli unici momenti di abbandono giungevano alla sera   ricordando  il passato con storie e miti dell’isola. Qualche raro e strano pellegrino avrà avuto la ventura di capitare lì, e invitato a sedersi, a dar notizia di fatti lontani nello spazio e già accantonati nel tempo.

 

Fieri della loro cultura

Si avvicina l’ora del tramonto, quando metto piede sul traghetto che fa ritorno a Roosevolt. I posti a sedere sono quasi tutti disponibili. La maggior parte di turisti, dopo una giornata vociante a scorrazzare per l’isola se ne è già andata verso Galway. Le onde sono più piatte rispetto alla mattinata e il sole calante offre una tiepida luminosità attorno. Volgendo lo sguardo all’isola mi perdo col pensiero a considerare che il mondo è sempre più popolato, e nei posti vivibili si comincia a stare stretti. Questi 800 abitanti che vivono su 30000 metri quadrati nelle loro case chiare e sparse, affittano biciclette, vendono panini e Guinness a gente di passaggio. Alcuni viaggiatori sostano qualche giorno, ma poi se ne vanno e allora Inis Mór accantona l’inglese per tornare a parlare in gaelico. Gente che è da sempre parte integrante di una natura austera, vissuta in bilico tra il fisico e metafisico senza conoscerne il significato e senza neanche avere la voglia di saperlo. Nei millenni i loro antenati non hanno avuto conoscenze scolastiche e mentre sul continente nelle aule delle Accademie si dissertava in cerca di risposte, loro per secoli nelle condizioni più sfavorevoli sono riusciti a sopravvivere e tuttora sono fieri della loro cultura adattata ma immutata.

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